domenica 29 marzo 2015

Blues e Gospel: Un insegnamento di Ruth Brown

Non mi ha mai convinto la definizione del Blues come "Musica del Diavolo".

Anche da ragazzo, negli Anni '60, quando condividevo con alcuni amici l'amore per il Blues e con essi lo ascoltavo, discutevo e suonavo, non sentivo odore di zolfo, ma mi sembrava di immergermi profondamente nell'anima dell'Uomo.

Ora, che ho una maggior conoscenza della storia del Blues e una maggior esperienza di Vita, sono ancora più certo che il Blues sia una delle forme esistenziali e artistiche più nobili, per esprimere quanto di più profondo vi è nell'essere umano: condizioni di vita degradanti, dolore che giunge alla disperazione, solitudine apparentemente senza rimedio, ma anche voglia di divertirsi, di stare con altri e di andare al di là dei propri limiti attuali.

Solo il bigottismo in campo religioso e -in campo opposto- un romanticismo preso troppo sul serio, possono portare a credere veramente che il Diavolo sia il padrone del Blues e lo usi per i suoi turpi scopi...

Ruth Brown -la grande cantante Rhythm & Blues di cui ci siamo già occupati qui e qui- nel corso di un'intervista, concessa nel pieno della propria maturità artistica e umana, pronunciò alcune frasi illuminanti, che costituiscono un radicale superamento della contrapposizione tra Blues e Gospel.

Infatti, in un passaggio fortemente autobiografico, affermò che da giovane le era stato insegnato che il Blues non è la musica giusta per un buon cristiano.

Ma, come crebbe e divenne una donna che conosce veramente la vita, capì che anche il miglior cristiano prima o poi ha avuto il Blues.

Anzi, in questa intervista affermò testualmente:

"E' proprio quando tu hai il Blues, che vai da Cristo per chiedere aiuto. Capisci? Quando si è così giù che non ce la si fa più, è proprio allora che ognuno salta dall'altra parte ed esclama: Dio, abbi pietà!
Persino quando cantano il Blues, le persone dicono: Dio, abbi pietà, abbi pietà di me! Persino all'interno della singola canzone.
Certo, il Blues può essere osceno e persino sarcastico, ma può essere anche molto caldo. E quando canti il Blues, puoi dare voce a molte persone. Ancora una volta: non è ciò che fai, ma come lo fai!" ( Chip Deffaa, Blues Rhyhtms, pp 20 sg.)

Nel 1961, Ruth Brown incise a Nashville un LP di brani Gospel, che a noi piace particolarmente e, anzi, vorremmo proporvelo tutto, ma -per ovvi motivi di spazio- ci limitiamo a un solo brano.

E, allora, scegliamo la bella e tradizionale "Just a closer walk with Thee", ispirata a un passaggio della Seconda Lettera di Paolo ai Corinzi e che, tra l'altro, è il brano che più di sovente è stato suonato per accompagnare il viaggio finale, durante i funerali di New Orleans.

Just a closer walk with Thee,
Grant it, Jesus, is my plea,
Daily walking close to Thee,
Let it be, dear Lord, let it be
I am weak, but Thou art strong,
Jesus, keep me from all wrong,
I'll be satisfied as long
As I walk, let me walk close to Thee
When my feeble life is over,
Time for me will be no more,
Guide me gently, safely over
to Thy kingdom shore, to Thy shore

Da questo testo, traspaiono alcuni dei cardini della musica Gospel: la consapevolezza della propria debolezza, l'affidarsi alla forza del Signore e la fiducia che, alla fine della vita, un destino di pace ci attenderà.

Avremo modo, nei prossimi Post, di approfondire questi aspetti che, con sfumature differenti, vengono continuamente riaffermati dal Gospel.

La Buona Novella, appunto... Che affonda le proprie radici nell'esperienza umana cantata dal Blues.


domenica 22 marzo 2015

L'Origine degli Spirituals: tra Africa e Cristianesimo

Per quanto riguarda l'origine degli Spirituals, gli studiosi hanno sviluppato almeno due teorie, in netta contrapposizione tra loro.

Secondo la prima teoria, iniziata già durante il periodo della schiavitù, gli Spirituals esprimerebbero semplicemente il modo con cui i Neri si erano avvicinati al Cristianesimo.

Essi non avrebbero, quindi, un'origine "Africana", ma sarebbero solo una variante -in parte goffa e primitiva- della religiosità di matrice europea.

La seconda teoria, invece -cara tra l'altro ai Liberals degli Anni '60- afferma che gli Spirituals sarebbero la forma -camuffata sotto le spoglie del Cristianesimo- con cui gli schiavi avrebbero fatto proseguire le proprie tradizioni africane, che i loro padroni proibivano di manifestare in forma esplicita.

Solamente in un secondo momento -a partire dal Grande Risveglio del 1750-90 e il consolidamento di chiese gestite da neri- gli Spirituals sarebbero divenuti cristiani non solo nella forma, ma anche nella sostanza.

Io credo che entrambe le teorie abbiano un nucleo di verità, ma considerino solo un aspetto della complessa nascita degli Spirituals.

Penso, infatti, che gli Spirituals abbiano sì permesso agli schiavi di mantenere le proprie tradizioni e i propri riferimenti culturali, che sarebbero stati altrimenti violentemente sradicati, ma abbiano ben presto manifestato una sincera devozione, in cui...

Il cantare la liberazione degli Ebrei dall'Egitto o dalla schiavitù babilonese, oppure la liberazione dalle sofferenze umane in un paradiso ultraterreno, manifestavano l'aspirazione alla liberazione sia dalla schiavitù a cui erano soggetti, sia dalla generale sofferenza umana.

Naturalmente, come sempre accade quando si cerca di comprendere la nascita di un fenomeno sviluppatosi lungo un arco di tempo esteso e in diverse aree geografiche, per giunta documentato con poche testimonianze e molti pregiudizi, è praticamente impossibile giungere a una teoria certa e ben argomentata.

E così, il modo migliore per concludere questo Post è ascoltarci un bel Gospel, che con la sua carica interiore ci aiuta a capire come in fondo non sia importante una teoria della nascita degli Spirituals, ma il messaggio che essi hanno saputo veicolare...

Prima agli schiavi, poi ai Neri liberati, ma che ancora vivevano in difficilissime condizioni e infine a tutti gli uomini e le donne che hanno fatto propria la Buona Novella e cercano, tra mille debolezze, di viverla nell'esistenza quotidiana.

Eccovi, allora, un interessante video, girato da Alan Lomax nel 1978 presso la St. James Missionary Baptist Church di Canton.

Erano passati almeno un paio di secoli dalla nascita degli Spirituals, ma questo "I've been Redeemed" conservava ancora qualcosa di molto significativo di quel lontano periodo...


domenica 15 marzo 2015

Quattro modi di ascoltare il Gospel

Tra i generi che sono confluiti nella Musica del dopoguerra, il Gospel è certamente tra i più trascurati.

Eppure, molti tra i fondatori della Musica degli Anni '50 -a partire dal cosiddetto Million Dollar Quartet, azzeccata definizione che riunisce Elvis, Johnny Cash, Carl Perkins e Jerry Lee Lewis- hanno riconosciuto il proprio debito nei suoi confronti.

A noi pare che esistano almeno quattro modi di considerare il Gospel e, quindi, di ascoltarlo.

1) "Il Gospel è una musica certamente piacevole, ma che non ha particolari significati e perciò non si differenzia da altri generi musicali."

2) "Il Gospel è una musica certamente piacevole, che si differenzia da altre, perché è la testimonianza di come i Neri d'America professarono la loro fede. Fede che, però, non mi interessa."

3) "Il Gospel è una musica certamente piacevole, che si differenzia da altre, perché è la testimonianza di come i Neri d'America professarono la loro fede, In fondo, mi piacerebbe poter credere come quelle persone semplici che lo cantarono, ma la ragione mi dice che i suoi presupposti religiosi sono infondati."

4) "Il Gospel è una musica certamente piacevole, che si differenzia da altre, perché è la testimonianza di come i Neri d'America professarono la loro fede. Pur nelle differenze storiche e culturali, io credo che il Gospel mi riguardi profondamente e mi riconosco nel suo annuncio positivo, perché ho sperimentato la conversione di cui esso parla."

Come esempio di Gospel, iniziamo questa nuova sezione del nostro Blog con due brani di Arizona Dranes, una cantante non vedente ormai semisconosciuta, che incise prima della Grande Depressione e la cui Musica ebbe una notevole influenza su artisti del calibro di Fats Domino e Jerry Lee Lewis.

Arizona fu una delle più energiche predicatrici dell'epoca all'interno della COGIC, la Church of God in Christ, l'organizzazione religiosa che più contribuì a liberare le forme di canto e preghiera durante le funzioni liturgiche, permettendo così la nascita di un genere musicale in cui potevano esprimersi tratti comuni con il Blues e altri generi più secolari.

Fu scoperta a Dallas da Richard M. Jones, un talent scout della OKeh, che la spedì a Chicago con un'affettuosa lettera di presentazione: fatto, questo, piuttosto raro negli ambienti discografici dell'epoca e non solo.

Tra il 1924 e il 1928, la Dranes incise 30 facciate, tutte molto suggestive, in cui spiccano sia il suo entusiasmo canoro, sia la sua tecnica impetuosa al piano, capaci di dare un'espressione musicale al suo fervore religioso.

Tra l'altro, Arizona Dranes fu anche tra i primi esecutori a introdurre nel Gospel brani in 3/4, tempo che in seguito si evolse nel 12/8, così amato dagli artisti degli Anni '50.

Nonostante non sia più entrata in studio di registrazione dopo la Grande Depressione,  questa ammirevole donna rimase attiva a lungo come artista e questo l'aiutò probabilmente a reggere i numerosi problemi di salute che l'afflissero.

Morì di arteriosclerosi nel 1963 e noi ricordiamo con affetto la sua personalità e la sua fede, proponendovi "God's got a Crown" e "He is my Story".

Musica con un cuore, che ci permette di riconoscerci pienamente nel modo #4 di ascoltare il Gospel.



domenica 8 marzo 2015

"Tin Roof Blues" di Johnny Wiggs

Quando esercitavo come Dj, mi colpiva veramente molto la convinzione di diversi organizzatori e maestri di ballo, secondo i quali per i "balli swing" ci vorrebbero solo musiche suonate da neri, in periodi sempre più retrodatati, per cui alla fine...

Nemmeno le Big Band degli Anni 1935-1945 -in cui spesso spiccavano direttori e musicisti bianchi- sarebbero state adatte, per tenere in pista i loro ballerini.

E a nulla serviva ricordare loro che quell'epoca è conosciuta nella storia della Musica proprio come "Swing Era"...

Non parliamo poi degli Anni '50 -anch'essi ricchi di tante proposte Swing interessanti- ma che, ovviamente, in certi ambienti venivano subito bollati come gli anni dell'odiato Rock 'n' Roll.

Allora, dentro di me, sorridevo divertito, tornavo a casa e mi ascoltavo brani come questo "Tin Roof Blues" di Johnny Wiggs.

Per la cronaca: Wiggs (il cui vero nome era in realtà John Wiggington Hyman) era un ebreo e incise questo pezzo nell'Ottobre 1954.

Pochi mesi dopo che Elvis era entrato negli studi della Sun Records e proprio mentre il fenomeno del Rock'n' Roll stava per esplodere.

Comunque, è veramente curiosa la biografia di Johnny Wiggins, poiché egli fu sempre diviso tra la Musica e una professione più "regolare".

Nato a New Orleans, iniziò a suonare il violino e poi la cornetta, prima di trasferirsi a New York e tentare la fortuna nella scena musicale di quella grande città.

Ritornato a New Orleans sul finire degli Anni '20, iniziò a lavorare come insegnante di scuola con il proprio nome, mentre -con il nome d'arte, appunto, di Johnny Wiggs- continuava la propria carriera notturna nel mondo della Musica.

Per diversi anni, tentò di far convivere questi due aspetti della propria esistenza, ma negli Anni '40 l'amore per la Musica ebbe il sopravvento e così Johnny Wiggs soppiantò John Wiggington e iniziò a dirigere diverse Band e a registrare un certo numero di dischi.

Negli Anni '60 tornò a un'attività part time come musicista, sino a che nel decennio successivo la sua salute peggiorò e nel 1977 se ne andò, senza che la scena musicale si accorgesse particolarmente della sua scomparsa, nonostante la notevole mole di lavoro svolto durante la sua carriera.

E allora, cari organizzatori e maestri di ballo della galassia Swing, ogni tanto, per favore, ricordatevi anche di Artisti come Johnny Wiggs, nonostante fosse bianco e abbia avuto il culmine della propria carriera in anni che non amate particolarmente...

A beneficiarne saranno soprattutto la cultura e la sensibilità musicale dei vostri clienti.


domenica 1 marzo 2015

"Georgia Crawl" di Henry Williams ed Eddie Anthony

Il motivo per cui oggi vi presento questo "Georgia Crawl" di Henry Williams  ed Eddie Anthony è molto semplice.

Questo brano, infatti, era tra i miei preferiti nel doppio LP "The Story of the Blues", curato dal grande ricercatore Paul Oliver, verso cui tutti noi amanti del Blues abbiamo una riconoscenza e un debito infiniti.

Correva l'anno 1969 ed erano altri tempi... 

Non esistevano Internet, iTunes e Spotify e i dischi li si andava a cercare il sabato pomeriggio o nei grandi negozi del centro città o in qualche negozietto specializzato, come Carù di Gallarate, meta di pellegrinaggi su treni che, al ritorno, sembravano sempre troppo lenti, tanta era la voglia di ascoltare i dischi che si erano appena acquistati...

Oppure, se durante l'anno proprio non si trovava ciò che si cercava, in estate si andava in autostop a Londra, in quel buco su Oxford Street in cui lì sì, si poteva trovare tutto, ma proprio tutto, della Musica che si amava.

E se gli LP non ci stavano nello zaino, si rinunciava a un paio di maglioni, che si sarebbero poi rimpianti, quando capitava di passare la notte a fianco di qualche svincolo, aspettando l'alba e un agognato nuovo passaggio.

Quell'amore per la Musica in generale e per un singolo brano in particolare -e per il supporto fisico, con le copertine che ingiallivano per il trascorrere dei decenni- non poteva finire, perché era parte della propria vita.

Allora, senza altri commenti, eccovi questo brano del 1928, con la speranza che possa veicolarvi anche solo una piccola parte delle emozioni che in me ancora risveglia!