lunedì 21 luglio 2014

Sun 219 e Sun 277: "Red Hot" di Billy Emerson e Billy Riley

Quando si nomina la Sun Records, solitamente si pensa subito al magico quartetto da un milione di dollari: Elvis Presley, Johnny Cash, Carl Perkins e Jerry Lee Lewis.

Ma al 706 di Union Avenue passarono molti altri artisti che, sebbene in misura minore, contribuirono a creare il Rock 'n' Roll e il Rockabilly, incidendo brani destinati a divenire capisaldi della nostra Musica.

Uno di questi pezzi fu "Red Hot".

Inizialmente una canzoncina delle cheerleaders, cantata per incitare i propri giocatori e schernire gli avversari durante le partite adolescenziali, venne trasformata da Billy The Kid Emerson in un bel brano tirato, che ancora oggi risulta incisivo e piacevole.

Ma fu qualche anno dopo, nella versione di Billy Riley, che "Red Hot" divenne un classico Rockabilly.

A noi Billy Riley piace particolarmente e quando sono alla Consolle, se vi è l'occasione, non rinuncio a proporre un suo pezzo, certo che i Ballerini apprezzeranno.

Purtroppo, però,  "Red Hot" -inciso nel 1957- vendette veramente poco e Billy Riley la prese proprio male.

Così, fece ciò che un Musicista non dovrebbe fare...

Comprò qualche litro di vino, si sbronzò e andò alla Sun Records, ove distrusse un contrabbasso e versò il poco vino rimasto su scrivanie e macchine da scrivere...

Sam Phillips abbordò Billy Riley con calma, gli parlò a lungo delle sue potenzialità e quando alla fine l'irascibile cantante se ne andò... era convinto di avere un radioso avvenire innanzi a sé.

Inutile dire che queste sue aspettative vennero disilluse e ciò incrementò maggiormente la sua amarezza.

Riley venne relegato nel ruolo di turnista, il che gli permise di contribuire a moltissime incisioni, ma sempre come comprimario.

Così, il suo destino fu simile a quello di tanti altri musicisti: la sua musica venne apprezzata solo quando, ormai, non poteva più dargli quel successo concreto che si sarebbe meritato.



lunedì 14 luglio 2014

Sun 221: "Cry! Cry! Cry!" e "Hey Porter" di Johnny Cash

Il nome di Johnny Cash, più che al Rock 'n' Roll, viene solitamente associato al Country.

Però, in quel crogiolo di suoni che fu la Sun Records negli Anni '50, anche la strumentazione e gli arrangiamenti minimalisti di Johnny Cash influenzarono lo sviluppo della nostra Musica.

La leggenda narra che Johnny Cash cercò per mesi di farsi ricevere da Sam Phillips, sino a che, un giorno, lo aspettò sulla soglia dello studio, riuscì a farsi ascoltare e così... iniziò un'altra grande storia umana e musicale.

Il disco che vi presentiamo oggi venne pubblicato nel Giugno del 1955, ebbe un discreto successo locale e a Novembre riuscì a entrare per una settimana a livello nazionale nella classifica Country.

In "Cry! Cry! Cry!" e "Hey Porter" vi sono già tutte le caratteristiche principali del Sound iniziale di Johnny Cash e del Tennesse Two che l'accompagnava...

In particolare quel boom-chicka-boom che, come ricordò in seguito il bassista Marshall Grant, non nasceva da uno studio particolare, ma era semplicemente tutto ciò che i tre ragazzi -la cui buona volontà era sicuramente superiore alle capacità tecniche- riuscivano a mettere insieme.

Anche la chitarra di Luther Perkins, con i suoi passaggi che ricordano più gli sforzi adolescenziali di un esordiente che non i virtuosismi di un musicista, presenta quelle caratteristiche, che saranno poi copiate da generazioni di fans di Johnny Cash.

E così, questo Sun 221 resta una precisa testimonianza non di una buona preparazione artistica, ma di ciò che Sam Phillips ricercava più di ogni altra cosa: l'originalità.

E di come l'originalità -nell'America negli Anni '50, che si andava trasformando radicalmente- potesse essere il miglior viatico verso il successo.


lunedì 7 luglio 2014

1950:"Jumping Jack" dei Three Riffs e "I Don't Have to Ride No More" dei Ravens

Nel 1950 l'importanza dei Gruppi Vocali nelle classifiche Rhythm & Blues si andava delineando sempre più.

"Jumping Jack" dei Three Riffs ha una bella e corposa base Boogie al piano, che la rende subito accattivante e ballabile.

E anche il sax e un saltuario battito di mani contribuiscono al fascino di questo brano.

Il Gruppo, il cui nucleo era vecchio di una quindicina d'anni, dopo varie traversie e cambi di nome riuscì finalmente ad approdare a un discreto successo.

The Ravens, invece, erano portati soprattutto per le ballate d'amore, ma fu con pezzi più sostenuti che scalarono le classifiche,

Come accadde per questo "I Don't Have to Ride No More", che raggiunse la posizione #9, un risultato ragguardevole, se si considera l'agguerrita concorrenza.

Purtroppo, dopo il passaggio dalla National alla più potente Columbia, le cose non andarono particolarmente bene per The Ravens e l'anno successivo vi furono dissapori interni al quartetto, che portarono a diversi cambi di formazione.

Dopo qualche altro successo, nel 1954 -con l'avvento del Rock 'n' Roll- iniziò, come per tanti altri Musicisti di colore, anche il definitivo declino dei Ravens.